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TORRENT DETAILS
Christopher Paolini - 4 - Inheritance
TORRENT SUMMARY
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Titolo originale: Inheritance
Titolo italiano: Inheritance
Autore: Christopher Paolini
1ª ed. originale: 2011
Data di pubblicazione: 16/11/2011 (Cofanetto: Il Ciclo dell'eredità)
Genere: Romanzo
Sottogenere: Fantasy
Editore: Rizzoli
Collana: Ragazzi
Traduzione: Maria Concetta Scotto di Santillo
Pagine: 1102
Christopher Paolini,figlio di due insegnati di lettere che hanno abbandonato il lavoro per dedicarsi a tempo pieno all'istruzione dei due figli, è nato 17 novembre 1983, nel sud della California e vive in Montana nella Paradise Valley, una zona selvaggia lungo il fiume Yellowstone, con i genitori e la sorella Angela, 17 anni, anche lei alle prese col suo primo libro, Otis un gatto bianco e nero, e Annie, un piccolo cocker.
Non ha frequentato una scuola vera e propria, ma sono stati i suoi genitori a fargli da insegnanti, "Non so niente di matematica però ho letto più di 3000 libri e conosco a memoria l'intero ciclo L'anello dei Nibelunghi di Wagner" precisa Paolini, che alla tv preferisce la cineteca di famiglia (4000 film d'autore in ogni lingua) e prima di addormentarsi legge Seamus Heaney.
Appassionato fin dall'infanzia di storie fantasy e incoraggiato dai genitori a coltivare i propri interessi e la propria espressività, nel 1999 ha scritto il suo primo romanzo "Eragon" all'età di quindici anni, ha impiegato un anno a terminare la prima stesura di "Eragon" ed un secondo anno per rivederlo.
Pubblicato a spese della famiglia Paolini, "Eragon" è stato poi scoperto, nell'estate 2002, in una piccola libreria del Montana, dallo scrittore di gialli Carl Hiaasen che lo ha proposto al proprio editore Alfred A.Knopf, trasformandolo così in un successo internazionale.
Il romanzo "Eragon" è un caso letterario: ha venduto oltre un milione di copie in soli sei mesi nel 2003, é rimasto per 87 settimane consecutive nella classifica dei bestsellers del The New York Times e per 21 mesi consecutivi nella lista dei bestsellers per giovani e adulti del Publisher’s Weekly.
Lo stile narrativo, ricco e vivace, fa ricorso ad un immaginario fervido e sorprendente. La rosa dei personaggi conta alcuni caratteri originali, come il saggio cantastorie Brom, che farà da maestro ad Eragon, e la bizzarra erborista Angela, la cui modernità potrebbe adattarla altrettanto bene ad una storia contemporanea.
"Eragon" è il primo romanzo della "Trilogia dell’eredità", di cui fanno parte "Eldest", che con la prima edizione ha già venduto un milione di copie e "Eldest, l'eredità. Volume 2°" pubblicato nel 2005 è tra i best seller mondiali.
E' stato inoltre trasposto cinematograficamente nel film omonimo uscito in Italia il 22 dicembre 2006.
Tutto è iniziato con Eragon... Tutto finisce con Inheritance, il romanzo che completa la saga del "Ciclo dell'eredità". Sembrano appartenere a un’altra vita i giorni in cui Eragon era solo un ragazzo nella fattoria dello zio, e Saphira una pietra azzurra in una radura della foresta. Da allora, Cavaliere e dragonessa hanno festeggiato insperate vittorie nel Farthen Dûr, assistito ad antiche cerimonie a Ellesméra, pianto terribili perdite a Feinster. Una sola cosa è rimasta identica: il legame indissolubile che li unisce, e la speranza di deporre Galbatorix. Non sono gli unici a essere cambiati, però: Roran ha perso il villaggio in cui è cresciuto, ma in battaglia si è guadagnato rispetto e un soprannome, Fortemartello; Nasuada si è assunta il compito di un padre morto troppo presto, e porta sulle braccia le cicatrici dell’autorità che ha saputo conquistare; il destino ha donato a Murtagh un drago, ma gli ha strappato la libertà. E ora per la prima volta nella storia umani, elfi, nani e Urgali marciano uniti verso Urû’baen, la fortezza del traditore Galbatorix. Nell’ultima, terribile battaglia che li attende rischiano di perdere ciò che hanno di più caro, ma poco importa: in gioco c’è una nuova Alagaësia, e l'occasione di lasciare in eredità un futuro in cui i giorni della tirannia del re nero sembreranno appartenere a un'altra vita.
Incipit:
LA BRECCIA
La dragonessa Saphira ruggì e i soldati davanti a lei tremarono sgomenti.
«Seguitemi!» gridò Eragon. Levò Brisingr sopra la testa perché tutti la vedessero. La spada azzurra, stagliata contro il banco di nuvole nere che si addensavano a ovest, scintillò di un bagliore iridescente. «Per i Varden!»
Una freccia gli sibilò accanto; lui non se ne curò.
I guerrieri, radunati ai piedi del cumulo di macerie su cui si trovavano Eragon e Saphira, risposero all’unisono ringhiando feroci: «Per i Varden!» Brandirono le armi e partirono alla carica, inerpicandosi sui blocchi di pietra crollati.
Eragon si voltò. Nell’ampia corte sull’altro lato delle rovine si ammassavano circa duecento soldati imperiali. Alle loro spalle si ergeva un’imponente fortezza scura, con le pareti inframmezzate da feritoie e torri squadrate; negli appartamenti in cima alla più alta splendeva una lanterna. Eragon sapeva che da qualche parte, all’interno del maschio, si trovava Lord Bradburn, il governatore di Belatona, la città che i Varden assediavano ormai da ore.
Con un urlo Eragon si lanciò giù dalle macerie verso i soldati. Gli uomini indietreggiarono confusi, pur continuando a puntare le lance e le picche contro la breccia che Saphira aveva aperto nella cinta muraria del castello.
Atterrando, la caviglia gli cedette ed Eragon si ritrovò con un ginocchio a terra: per non perdere l’equilibrio fu costretto ad appoggiarsi sulla mano con cui impugnava la spada.
Uno dei soldati ne approfittò per rompere la formazione e mirare con la sua lancia alla gola esposta di Eragon, ma il Cavaliere dei Draghi parò l’affondo con una torsione fulminea del polso, più rapida e letale di quella di qualsiasi elfo o essere umano. Il soldato impallidì quando si rese conto dell’errore commesso. Provò a fuggire, ma prima che riuscisse a fare un solo passo, Eragon si avventò su di lui e gli conficcò Brisingr nelle viscere.
Sputando una fiammata gialla e azzurra, anche Saphira balzò nella corte. Eragon si accovacciò e tese i muscoli delle gambe proprio mentre la dragonessa atterrava sull’acciottolato. L’impatto fece tremare ogni cosa. Molte delle tessere di vetro che componevano il grande mosaico variopinto su cui affacciava il maschio saltarono via e schizzarono ovunque come monete che rimbalzano su un tamburo. Le imposte di una finestra in alto si spalancarono e si richiusero di colpo.
Subito dopo Saphira li raggiunse l’elfa Arya. I suoi lunghi capelli corvini ondeggiavano selvaggi intorno al volto dai lineamenti spigolosi mentre balzava dal cumulo di macerie. Aveva le braccia e il collo striati di sangue; altro sangue grondava dalla lama della spada. L’atterraggio dell’elfa fu lieve, accompagnato da un impercettibile tonfo di cuoio sulla pietra.
Signori e signore, siamo finalmente giunti alla fine di un’epoca. Un’epoca strana, passata alquanto sottotono.
Ci si potrebbe dilungare per pagine sulle recensioni dei precedenti tre capitoli del ciclo dell’Eredità del Sig. Paolini, ma non in questo articolo. Siamo qui per trattare una cola cosa: la fine mediocre di una saga piuttosto scontata. Sono passati ben nove anni da quando tutto è iniziato, nove anni per scoprire cosa? Niente che già non fosse noto dal primo libro. Parliamone, tecnicamente il libro è scritto in modo adeguato: comprensivo, scorrevole e non stopposo: il fantasy leggero che con una buona trama leggeresti volentieri nel tempo libero, senza infamia e senza lode. Le uniche critiche alla parte concreta del libro sarebbero da farsi ai traduttori: terminologie troppo moderne per un fantasy (un drago in volo cabra? al massimo vira, un caccia F-14 cabra, ma tant’è.) Visivamente parlando l’autore qualcosa riesce a trasmettere, paesaggi, luoghi e persone sono descritti e delineati in modo appropriato e si immaginano bene, ma la mancanza di spessore della trama rende tutto banale. Come in Eragon, Eldest e Brisingr il giovane eroe viene letteralmente sbattuto a sinistra e a destra per tutta Alagaësia dalla fazioni rivali che se lo contendono, cercando di portarlo dalla propria parte in un modo o nell’altro; gettandolo nelle peggiori battaglie (in cui nonostante la pratica estenuante con ogni tipo di insegnate riesce sempre a fare una figura barbina, salvato da qualcuno dei suoi compagni) e plagiandolo in ogni modo possibile. Insomma, niente di diverso dagli altri tre libri, nessun colpo di scena o svolta inaspettata sorprendono durante la lettura di un classico “Eroe buono VS Grande cattivo” in cui però l’eroe non riesce a combinare nulla di sensato senza l’aiuto di qualcuno, senza contare che un buon 50% dei suoi insegnanti e amici sono persino morti per salvarlo, quindi via alle toccatine scaramantiche. Considerazioni tecnico/personali: la fine della saga non è esente dalle stesse critiche fatte a tutti i libri precedenti, ne sarebbe stata in grado di risollevare il tutto dal pantano in cui giaceva. Alcuni fatti e personaggi rimangono quasi completamente avvolti nel nulla, nonostante siano quasi protagonisti vengono solo citati senza quasi dare loro un briciolo di passato o un senso al potere che sprigionano per salvare il deretano a Eragon. Semplicemente spuntano in modi improbabili, agiscono e se ne vanno. Davvero troppi poi i riferimenti alla cultura Tolkieniana Sig. Paolini, posso capire l’ispirarsi, ma così è troppo. La compagnia di elfi/umani/nani, gli (uruk-hai) Urgali, una lingua elfica creata da zero e per non spoilerare non aggiungo altro.
Conclusioni? Tre stelle solo per un paio di punti che non posso rivelare per non incappare in spoiler selvaggi, ma che comunque hanno, humm, diversificato e fatto tirare un sospiro di sollievo? Per il resto 844 pagine per una saga che si conclude in modo scontato e scopiazzato sono troppe, un libro da week-end forse, ma nulla di esaltante.