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J.R.R. Tolkien - Il Signore Degli Anelli
TORRENT SUMMARY
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Titolo originale: The Lord of Rings
Titolo italiano: Il signore degli anelli
Autore: John Ronald Reuel Tolkien
1ª ed. originale: 1955
Data di pubblicazione: 1977
Genere: Romanzo
Sottogenere: Fantasy
Editore: Rusconi
Collana: Opere di Tolkien
Traduzione: Vittoria Alliata di Villafranca
Pagine: 1366
Gli ottantun anni che J. R. R. Tolkien trascorse sulla terra non furono né avventurosi né particolarmente drammatici. Certo, la sua infanzia e la sua adolescenza furono segnate dalla morte prematura del padre e della madre e, intorno a lui, in inghilterra e nel mondo, accadde una quantità di eventi, cui egli non rimase del tutto indifferente, e che non lo toccarono solo da lontano. Eppure, la sua opera sembra riflettere la realtà di una vita tanto lunga solo attraverso il filtro personalissimo del suo mondo interiore, e in essa si coglie soltanto a tratti il baluginare di un'esperienza vissuta, di una riflessione sugli avvenimenti, di un giudizio etico sulla storia.
John Ronald Reul Tolkien nacque nel 1892 in Sudafrica da genitori inglesi, ma la sua famiglia tornò nel 1896 in Inghilterra; compì gli studi all'Exeter College di Oxford (con una interruzione dovuta alla prima guerra mondiale, durante la quale combatté in prima linea). Dal 1925 fino al suo ritiro dall¹attività didattica insegnò lingua e letteratura sia anglosassone che inglese.
Mentre correggeva le prove d'esame dei suoi studenti, in una calda giornata estiva alla fine degli anni Venti, gli capitò un foglio lasciato in bianco su cui scrisse, quasi per caso, "In una buca del terreno viveva un Hobbit". Quel nome colpì a tal punto la sua sensibilità di filologo che scrisse una storia avente come protagonista un Hobbit, per spiegare meglio cosa fossero queste strane creature. Nel 1937 tale opera vide le stampe con il titolo "The Hobbit" (Lo Hobbit) e riscosse un immediato successo; il libro era stata pensato per i più piccoli, ma vi si poteva intravedere uno sfondo ben più vasto e complesso. Tolkien infatti aveva già cominciato fin dal 1917 a "costruire" la Terra di Mezzo, ovvero il mondo incantato in cui si svolgono tutte le avventure che questo bardo moderno ci ha narrato.
In seguito al grande successo incontrato da quest'opera fu convinto a scriverne il seguito: nel 1954 venne finalmente pubblicato "The Lord of the Rings" (Il Signore degli Anelli). Da quel giorno ne sono state vendute milioni di copie in decine di lingue! Ma cos'è che rende tanto affascinanti le sue opere? Tolkien ha fatto tornare agli antichi splendori il Mito narrando vicende nuove, eppure vecchie di millenni, il tutto ambientato nella Terra di Mezzo, così profondamente vera e tangibile che, conclusa la lettura del Signore degli Anelli, sembra di conoscerla da sempre. Ogni dettaglio, dalla flora alla fauna (chi potrebbe mai dimenticare i dorati boschi di Lothlórien?) fino al più minuto particolare è ben definito. La stessa storia di questo mondo, Arda, è delineata fin dalla sua creazione da parte di Iluvatar, il dio supremo, il quale ha originato i Valar (chiamati dei dai mortali) ed i suoi Figli: gli Elfi immortali e gli Uomini. Le altre creature razionali (principalmente Nani ed Ent) sono stati invece ideati, con il beneplacito dell'Uno, dai Valar. Un caso a parte è invece costituito dagli Orchi, la cui origine non è ben nota, anche se sono considerati a buon diritto la progenie maledetta di Morgoth, il Vala malvagio; come potete ben intuire lo scontro tra il Bene ed il Male è uno degli aspetti centrali.
L'immane, insensato massacro della battaglia della Somme fu uno dei pochi avvenimenti della biografia di Tolkien a trovare riscontro nei suoi libri. Per quanto lo scrittore lo negasse, sostenendo che nessuna delle sue esperienze belliche aveva ispirato direttamente alcuni degli episodi più drammatici de"Il signore degli anelli", è difficile non avvertire nelle sue pagine la loro influenza. Forse non fu intenzionale, ma è certo che la vita di trincea, le carneficine, l'orrore degli attacchi e delle attese lungo la linea del fronte, germinarono nell'animo di Tolkien per poi riversarsi nelle sue pagine. Lo scrittore si solvò dai proiettili e dal gas, a differenza degli oltre 600.000 tra morti e feriti nelle file inglesi e i circa altrettanti in quelle tedesche, ma non dalla "febbre delle trincee", una malattia grave e debilitante che gli fruttò il rimpatrio, una lunghissima degenza in ospedale, e varie ricadute nel corso di molti mesi.
Rimasto solo, nel 1972 si istallò in un piccolo alloggio universitario a Oxford dove ricevette il dottorato Honoris Causa e l'ordine dell'Impero Britannico, un'importante decorazione conferitagli dalla regina Elisabetta. Morirà a Bournemouth, dove si era recato a trovare degli amici, il 2 settembre del 1973.
1937 - Lo Hobbit (The Hobbit)
1949 - Il cacciatore di draghi (Farmer Giles of Ham)
1955 - Il Signore degli Anelli (The Lord of the Rings)
1962 - Le avventure di Tom Bombadil (The Adventures of Tom Bombadil)
1976 - Albero e foglia che contiene
- Sulle fiabe (On Fairy-Stories, 1939) (saggio)
- "Foglia di Niggle" ("Leaf by Niggle", 1945) (racconti)
- "Il fabbro di Wootton Major" (Smith of Wootton Major, 1967) (racconti
- "Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm" (The Homecoming of Beorhtnoth, 1953)(pièce teatrale)
1976 - Le lettere di Babbo Natale (The Father Christmas Letters)
1977 - Il Silmarillion (The Silmarillion) opera postuma
1982 - Mr. Bliss (Mr. Bliss)
1981 - Racconti incompiuti di Númenor e della Terra di Mezzo (Unfinished Tales of Númenor and Middle-earth)
1998 - Roverandom (Roverandom)
2007 - I figli di Hurin (completato dal figlio Christopher)
Il Signore degli Anelli
pubblicato nel 1954, il signore degli anelli è il romanzo principale fra i libri di Tolkien, nonché il più esteso. nel signore degli anelli, diviso in tre libri (la compagnia dell’anello, Le due torri, Il ritorno del re), si narra dell’avventura di Frodo Baggins, nipote di Bilbo, che deve portare l’anello trovato tanti anni prima da Bilbo nel cuore dell’impero del malvagio Sauron, lanciandolo nella lava del monte Fato, per impedirgli di impossessarsene, cosa che permetterebbe a Sauron di conquistare tutto la terra di mezzo.
La Compagnia dell’Anello
nel primo libro si narra del viaggio di Frodo insieme agli amici Sam, Merry e Pipino alla volta di gran burrone, dove Elrond ha indetto un consiglio per opporsi all’oscura potenza del regno di Sauron. a gran burrone viene costituita la compagnia dell’anello, formata da Frodo, Pipino, Merry, Sam, Boromir, un valoroso combattente númenoreano, Aragorn, anch’egli un combattente appartenente alla stirpe dei númenoreani, Legolas, un elfo figlio del re Yhranduil proveniente dal nord di Bosco atro, Gimli il nano e naturalmente Gandalf. La compagnia ha il compito quasi impossibile di portare l’anello fino al monte Fato. I nove viandanti che compongono la compagnia si trovano ad affrontare un lungo viaggio disseminato di pericoli, passando per le caverne di Moria, dove Gandalf muore per difendere il resto della compagnia da un demone Balrog, per il Lothlórien, terra di Elfi regnata da Galadriel e Celeborn, e infine arrivando alle cascate di Rauros, dove Boromir viene ucciso dagli orchi e la compagnia si scioglie, con Sam e Frodo che vanno da soli a Mordor, il regno di Sauron, e il resto dei membri della spedizione che si mette all’inseguimento degli orchetti che hanno rapito Pipino e Merry.
Le Due Torri
Nel secondo libro, si narra dell’avventura di Frodo e Sam per raggiungere la terra di Mordor e dell’inseguimento di Gimli, Legolas e Aragorn sulle tracce di Merry e Pipino rapiti dagli orchetti. Nel frattempo si apprende anche che Saruman, un tempo capo del bianco consiglio di cui fa parte anche Gandalf, è un alleato di Sauron. Gli inseguitori passano per le verdi terre del Rohan, e un giorno incontrano di nuovo Gandalf, che scoprono essersi salvato dalla morte nelle caverne di Moria. In tutto il secondo libro si narra poi delle grandi battaglie che si svolgono a Gondor per la difesa della Terra di mezzo dall’oscura potenza di Sauron (prima fra tutte quella del Trombatorrione nel fosso di helm). Merry e Pipino vengono ritrovati da Legolas, Gimli e Aragorn, i quali si sono uniti a Gandalf e ora galoppano alla volta di Minas Tirith, la città fortezza capitale di Gondor assediata dagli orchetti e che sembra essere prossima alla distruzione. il libro finisce con l’apparente morte di Frodo all’entrata nelle terre di Mordor.
Il Ritorno del Re
si narra nell’ultimo libro del romanzo di Tolkien del raggiungimento da parte di Frodo e Sam del monte Fato e del conseguente annientamento della potenza di Sauron. Dopo molte battaglie i signori dell’Ovest sono così a riportare la pace nella Terra di mezzo. Aragorn, che appartiene alla antica stirpe númenoreana diventa il nuovo re di Gondor, e viene soprannominato Elessar. Purtroppo, a causa della distruzione dell’ anello del potere, gli altri anelli in possesso degli Elfi perdono ogni potere, così quasi tutti gli elfi sono costretti ad allontanarsi per sempre dalla Terra di mezzo e fare ritorno alla loro dimora originaria al di là del mare dell’Ovest, l’ isola di Eressëa. insieme a loro vanno anche i portatori dell’anello, e cioè Bilbo e Frodo, ma anche Gandalf. Sam, Merry e Pipino, tornati sani e salvi dall’avventura, diventano personaggi importanti nella contea e vivono felici per il resto dei loro giorni.
Incipit:
CAPITOLO I
UNA FESTA A LUNGO ATTESA
Quando il signor Bilbo Baggins di Casa Baggins annunziò che avrebbe presto festeggiato il suo centoundicesimo compleanno con una festa sontuosissima, tutta Hobbiville si mise in agitazione.
Bilbo era estremamente ricco e bizzarro e, da quando sessant’anni prima era sparito di colpo, per ritornare poi inaspettatamente, rappresentava la meraviglia della Contea. Le ricchezze portate dal viaggio erano diventate leggendarie, ed il popolo credeva, benché ormai i vecchi lo neghino, che la collina di Casa Baggins fosse piena di grotte rigurgitanti di tesori. E, come se ciò non bastasse, ad attirare l’attenzione di tutti contribuiva la sua inesauribile, sorprendente vitalità. Il tempo passava lasciando poche tracce sul signor Baggins: a novant’anni era tale e quale era stato a cinquanta, a novantanove incominciarono a dire che si manteneva bene: sarebbe stato più esatto dire che era immutato. Vi erano quelli che scuotevano la testa, borbottando che aveva avuto troppo dalla vita: non sembrava giusto che qualcuno possedesse (palesemente) l’eterna giovinezza ed allo stesso tempo (per fama) ricchezze inestimabili.
«Sono cose che dovremo scontare», dicevano; «non è secondo natura, e ci porterà dei guai!».
* * *
Ma finora guai non ve ne erano stati, ed essendo il signor Baggins generoso, la gente gli perdonava facilmente le sue stranezze e la sua fortuna. Mantenne i rapporti con i parenti (eccetto naturalmente i Sackville-Baggins) e contava molti devoti ammiratori fra la gente umile e ordinaria. Ma non ebbe amici intimi fin quando alcuni suoi giovani cugini non incominciarono a diventare grandi.
Il maggiore ed il preferito era Frodo Baggins. A novantanove anni Bilbo lo adottò e lo portò con sé a Casa Baggins, e tutte le speranze dei Sackville-Baggins sfumarono. Si dà il caso che tanto Bilbo quanto Frodo festeggiassero il compleanno il 22 settembre. «Sarebbe meglio che tu venissi a stare da me», disse un giorno Bilbo, «così potremmo festeggiare insieme i nostri compleanni». A quell’epoca Frodo era ancora negli enti, come gli Hobbit chiamavano gli irresponsabili anni tra l’infanzia e la maggiore età (33).
Accostarsi al Signore degli Anelli da adulti è pericoloso, talvolta infruttuoso.
È quasi fondamentale averlo incontrato quando ancora la mente e il cuore non sono stati sviati da troppe letture importanti, quando la nostra anima è un lettore ancora innocente, ignaro dei cibi raffinati che potranno presentarglisi al palato – il quale pertanto diventerà difficile, esigente, mai sazio.
Viceversa, si deve avere la capacità dello sguardo bambino, del cuore puro, sgombro della nuvolaglia di speculazioni letterarie, una capacità quasi pratica oltre che metaforica di perdersi nel bosco o per i viottoli di campagna fantasticando. Allora sì, anche l’anima adulta comprende e apprezza.
Eppure, a considerarlo bene, Il Signore degli Anelli è un capolavoro di equilibri stilistici, un castello sapientemente costruito intorno a una trama non scontata, un percorso dai dolci declivi e dalle aspre salite al termine del quale non si può che contemplare soddisfatti il panorama aperto davanti agli occhi e al cuore. Forse occorre amare un po’ il paesaggio collinare e montano, perché Tolkien non ci regala in questa sua opera alcuna vista sul mare (neppure metaforica), conducendo piuttosto i suoi personaggi (e i lettori) entro foreste antiche, praterie sconfinate, aride distese rocciose, cime innevate e giovani prati. Questo è il racconto ed è anche lo stile, talvolta leggero e piano, ma più spesso alto e maestoso. Merito grandissimo all’insuperata traduzione di una giovanissima (all’epoca della prima edizione italiana) Vicky Alliata di Villafranca, che ci ha restituito nella nostra lingua un’opera finalmente considerata letteratura a tutti gli effetti, ma a lungo bollata come “fantasy” e solo recentemente ascritta alla volta celeste della narrativa priva di categorizzazioni. La recente revisione della traduzione(in collaborazione con la Società Tolkieniana) è rimasta fondamentalmente fedele alle proposte originarie.
La trama eviterei davvero di raccontarla, poiché l’intreccio narrativo, in partenza piuttosto semplice (a un piccolo Hobbit della Terra di Mezzo il Fato ha consegnato un anello, un gingillo agli occhi dei più, che si rivelerà essere l’Unico Anello forgiato in tempi remoti per assoggettare al Male tutti i popoli, simbolo della follia della sete di potere), mal si adatta al riassunto, ricco com'è di situazioni, di personaggi ora teneri, ora saggi, ora imponenti, ora comici, di percorsi insospettabili, di legami tra presente e passato a ipotecare il futuro.
Frodo e i suoi compagni si misurano man mano con forze ostili (i Cavalieri Neri, ma anche gli alberi della Vecchia foresta, gli Spettri dei Tumuli, e poi Moria, gli Orchetti, Saruman, oggetti meravigliosi e pericolosi, le battaglie, il nemico) e con creature e uomini benevoli (il vecchio Tom Bombadil, gli Elfi dell’Ultima Casa Accogliente e di Lòrien, gli Ent, Théoden del Mark e la gente di Gondor), traendone lezioni di vita, creando vincoli di amicizia e facendo emergere un coraggio in alcuni del tutto insospettabile.
La caratterizzazione dei personaggi è frutto di un lavoro intenso: Tolkien conosce l’animo umano, lo scandaglia nelle profondità, facendone emergere sfaccettature che non creano gratuiti o prevedibili “cliché”. L’uomo (inteso nel senso più ampio di creatura) non è mai totalmente votato al bene o al male: in esso convivono slanci di autentica generosità e momenti di egoismo ostinato, ingenuità e scaltrezza, crudeltà e amore. Il viaggio è occasione di crescita, di maturazione, di decisioni drammatiche: nessuno tornerà come era partito. La distruzione dell’Unico Anello, il simbolo di un Male che non può e non deve prevalere sul bene, genera la fine di un’èra con i suoi demoni e i suoi eroi, travolge le esistenze, muta gli equilibri. La nuova terra generata dalla sconfitta del Nemico rifiorisce sulle rovine di torri malvagie e di splendide città, libera per sempre dalle nere tenebre del signore oscuro, ma allo stesso modo per sempre orfana della luminosa saggezza degli antichi saperi.
Il Signore degli Anelli fa parte di un’epopea molto più complessa, pensata da Tolkien durante tutto l’arco della sua vita (smettiamola di dire che nacque come favola per i nipotini) e sviluppata non sempre in successione cronologica, che va dalla Creazione del mondo alle varie ére dominate da dèi, eroi e creature fantastiche fino alla comparsa dell’Uomo, dal destino ultimo incomprensibile all’immortalità degli altri esseri e la cui interazione con l’ambiente genera (non a caso) quasi sempre degli squilibri. Il mondo nuovo concepito da Tolkien a immagine e somiglianza del suo (e dell’Inghilterra in particolare) si snoda attraverso alcune opere principali (Lo Hobbit, la Trilogia del Signore degli Anelli e il Silmarillion) trovando un allargamento di temi, storie ed eventi narrati nei Racconti incompiuti, perduti e ritrovati (in parte frutto di un’abile operazione del figlio Christopher che ha raccolto e rimaneggiato la mole di materiale manoscritto del padre).
L’inesauribile fantasia tolkieniana, che qualcuno potrebbe tacciare di monotematismo, partorisce genti, culture, linguaggi con scritture e regole fonetiche e grammaticali, usi e tradizioni, una sterminata quantità di storie nella storia, paesaggi, topografie e note di botanica (si veda - alla fine della lettura – la ricca appendice) talmente perfetti nelle forme della narrazione da far credere che da qualche parte esistano (o siano esistiti) davvero.
Il libro, pubblicato nel 1954 (ma composto nell’arco di quasi vent'anni), passò inizialmente sotto silenzio, emarginato dai contesti della critica letteraria d’autore, esaltato sì, ma più spesso condannato dalle élites del pensiero: un grande impulso alla vendita (e di conseguenza alla diffusione del libro) venne dall’edizione economica pirata del 1965.
In Italia la fortuna di Tolkien ebbe alterne vicende, dovute a interpretazioni e politicizzazioni di idee totalmente estranee allo spirito originario del libro1.
La vexata quaestio non si è ancora conclusa se qualche anno fa il direttore di un settimanale cattolico locale si scagliava con malcelata veemenza contro la Società Tolkieniana, accusata di portare avanti un’ideologia neopagana le cui radici si troverebbero senz’altro nell’opera di Tolkien (che fu un cristiano convinto, per di più cattolico, come emerge molto chiaramente dai carteggi e dalle corrispondenze con amici e letterati a lui contemporanei), nella realtà lontanissimo da apologie politiche o ideologiche di qualsiasi natura.